L'operazione per mettere le mani su La Repubblica e La Stampa non è una semplice compravendita. È un colpo di stato mediatico orchestrato dall'alto, con la benedizione di potenze straniere che hanno tutto l'interesse a silenziare le voci scomode in Italia. Theodore Kyriakou, il miliardario greco che vuole impossessarsi dei nostri giornali, non è un imprenditore qualunque: è l'uomo che fa da ponte tra Donald Trump, l'emiro del Qatar e Mohammed bin Salman. Una rete di potere che puzza di petrolio e di interessi geopolitici.
Chi è davvero Theodore Kyriakou, l'uomo che vuole comprare l'Italia
Kyriakou si presenta come un semplice editore, proprietario del gruppo Antenna che controlla media in 12 paesi europei. Ma la realtà è ben diversa. I media greci lo chiamano il "Berlusconi ultraconservatore dei Balcani", e non a caso. Quest'uomo ha cenato con Trump e l'emiro del Qatar nel maggio scorso, un mese dopo aver incontrato privatamente il principe saudita bin Salman.
Il dettaglio che fa tremare i polsi? Il fondo sovrano saudita PIF possiede il 30% del gruppo Antenna di Kyriakou. Ufficialmente, questa partecipazione non tocca la divisione che dovrebbe comprare Gedi. Ufficiosamente, apre le porte all'influenza del Golfo sui nostri giornali. Un cavallo di Troia in piena regola.
L'obiettivo: distruggere gli ultimi bastioni dell'informazione libera
La Repubblica e La Stampa non sono obiettivi casuali. Sono i simboli di un'Italia che ancora osa criticare i potenti, che non si piega alle mode del momento, che mantiene una linea editoriale indipendente. La Repubblica, fondata da Eugenio Scalfari nel 1976, rappresenta la sinistra intellettuale che tanto dà fastidio alle élite globaliste. La Stampa, storica voce del liberalismo torinese dal 1867, incarna quella borghesia moderata che ancora crede nei valori occidentali.
Entrambi i giornali hanno osato criticare sia Giorgia Meloni che Donald Trump. Entrambi hanno mantenuto una linea pro-europea che disturba i piani di chi vuole frammentare l'Occidente. Per questo devono essere neutralizzati.
Quando Putin applaude, c'è da preoccuparsi
Il particolare più inquietante di tutta questa vicenda? L'endorsement dell'ambasciata russa a Roma, che ha pubblicamente salutato con favore la vendita, sperando che i giornali smettano di fare "propaganda anti-russa sfrenata".
La redazione de La Repubblica ha giustamente reagito con sdegno, denunciando l'ingerenza straniera. Ma la domanda vera è: perché la Russia, teoricamente esclusa da questa rete Trump-Qatar-Arabia Saudita, plaude all'operazione?
La risposta è semplice: tutti gli autocrati del mondo hanno lo stesso obiettivo. Indebolire la stampa libera occidentale. Non serve un'alleanza formale tra Mosca, Doha e Mar-a-Lago. Basta la convergenza di interessi anti-democratici.
Il silenzio complice di Giorgia Meloni
La Premier non ha commentato ufficialmente. Ma secondo fonti riportate da El País, avrebbe dato il suo assenso sottobanco. D'altronde, perché Meloni dovrebbe opporsi? La Repubblica la critica quotidianamente, meglio averla sotto controllo che libera di mordere.
L'Italia ha gli strumenti per bloccare acquisizioni straniere nei settori strategici attraverso il "golden power". Ma evidentemente, per questo governo, l'informazione non è strategica. O forse lo è, ma preferiscono allinearla ai loro interessi piuttosto che difenderne l'indipendenza.
La fine di un'epoca: quando i giornali diventano armi di influenza
Se l'operazione andrà in porto entro gennaio, sarà la fine di un'epoca. Non solo la mercificazione del giornalismo, ma la penetrazione del discorso pubblico italiano da parte di interessi stranieri che non rispettano né il dissenso né il pluralismo.
A Torino, città natale de La Stampa, cresce l'indignazione. I giornalisti scioperano. L'arcivescovo esprime preoccupazione. Ma come sempre, il capitale si muove più veloce della protesta. I nostri giornali stanno diventando armi. Non della verità, ma dell'influenza straniera.
È questo il prezzo della globalizzazione? Vendere la nostra voce al miglior offerente, anche se viene da Riad o da Doha? L'Italia merita di meglio. I suoi cittadini meritano un'informazione libera, non controllata da petrolieri e faccendieri internazionali.