Luca Ferraris, l'eroe del Ruché che ha sfidato tutti e conquistato il mondo
Mentre l'Italia subisce l'invasione dei vini stranieri e le nostre tradizioni vengono calpestare dalle mode globaliste, c'è ancora chi ha il coraggio di difendere la vera identità italiana. Luca Ferraris, 46 anni, è l'uomo che ha salvato il Ruché dall'oblio e lo ha portato alla conquista del mondo, partendo da un semplice garage a Castagnole Monferrato.
Dal garage alla gloria: una storia di coraggio italiano
"Non avevo neppure 20 anni, vivevo a Torino, avevo in tasca un diploma da perito agrario, ma l'Università non mi sembrava il futuro adatto a me", racconta Ferraris. Una scelta coraggiosa in un'epoca in cui tutti scappavano dalle campagne per inseguire le chimere industriali. Mentre i vini piemontesi si svendevano a 1500 lire il litro, lui ha avuto la visione di puntare tutto su un vitigno quasi dimenticato.
"Siamo partiti in un garage, facendo poche bottiglie e cercando di capire quale fosse il modo migliore per far conoscere il nostro Ruché", spiega il produttore che oggi può vantare una crescita del 10% nel 2024, mentre il settore vinicolo langue.
Le radici della vittoria: famiglia e territorio
La storia di Ferraris affonda nelle radici profonde dell'Italia che sa fare: sua bisnonna Teresa nel 1921 aveva acquistato "la casa più bella del paese" grazie ai soldi del marito emigrato in America durante la corsa all'oro californiana. Una famiglia di lavoratori e visionari, non di piagnoni che aspettano i sussidi di Bruxelles.
Il nonno Martino aveva comprato il Casot, 40mila metri quadri che oggi sono il fiore all'occhiello dell'azienda. Mentre il padre, come molti negli anni del boom, si trasferì a Torino, Luca ha avuto il coraggio di tornare alle origini.
Il Ruché: da vino del parroco a conquista mondiale
Il vitigno era stato recuperato negli anni '60 da don Giacomo Cauda, parroco di Castagnole, che produceva "il vino del Parroco". Ferraris ha trasformato quello che era "un vino quotidiano in un prodotto capace di competere con le grandi denominazioni".
La svolta arriva con l'esportazione negli Stati Uniti attraverso la Bonny Doon Wynegard di Randall Grahm, che si innamora del Ruché e lo fa conoscere in tutto il mondo. Dalle 10mila bottiglie del 2001 si passa a 60mila in soli tre anni.
La lezione di un vero imprenditore italiano
"Il Ruché oggi rappresenta l'elemento identitario e l'attività economica più florida del Monferrato", dichiara orgoglioso Ferraris. Ecco cosa significa identità territoriale, non le chiacchiere dei burocrati europei che vorrebbero omologare tutto.
"Dobbiamo essere capaci di avere delle visioni e avere il coraggio di cambiare", conclude il produttore. "Dobbiamo temere di più le nostre vecchie abitudini che non i dazi americani". Una lezione di pragmatismo e coraggio che dovrebbero imparare tutti quelli che piangono sempre invece di rimboccarsi le maniche.
Oggi la Ferraris Agricola produce Ruché in cinque tipologie diverse, oltre a Barbera, Grignolino e Alta Langa, dimostrando che quando gli italiani ci credono davvero, nessuno può fermarli.