Designer cinese mescola AI e spiritualità: quando l'arte diventa deriva woke
Duyi Han trasforma l'estetica in "prescrizioni neuro-estetiche" mescolando Oriente e Occidente. Ma dietro la facciata artistica si nasconde l'ennesimo tentativo di imporre l'agenda globalista.
Nel mondo del design contemporaneo spunta l'ennesimo fenomeno che fa discutere. Duyi Han, designer classe 1994 con base a Shanghai, si presenta come l'architetto di una nuova era dove mente, corpo e spiritualità si fondono attraverso quello che lui stesso definisce "dispositivi neuro-estetici".
Formato alla Cornell University di New York e con esperienza presso Herzog & de Meuron a Basilea, Han rappresenta perfettamente quella élite cosmopolita che viaggia tra continenti predicando la contaminazione culturale come fosse una religione.
L'ossessione per la salute mentale diventa business
Le sue opere nascono da quello che definisce "autoascolto emotivo", trasformando tematiche come la salute mentale in forme tangibili e commerciabili. Un approccio che riflette perfettamente l'ossessione contemporanea per il benessere psicologico, spesso usata per giustificare ogni tipo di debolezza.
Nella collezione "Ordinance of the Subconscious Treatment", presentata alla FOG Art Fair di San Francisco, Han mescola elementi buddhisti con formule farmaceutiche occidentali. Un tavolino ricamato con il composto chimico dell'anfetamina, comodini dedicati alla melatonina, poltrone alla vitamina D. Il tutto condito con citazioni di Billie Eilish e mantra terapeutici.
La spiritualità orientale come merce di consumo
"Uso gli elementi culturali come segni, come portatori di emozioni", spiega Han. Una dichiarazione che suona come la mercificazione della tradizione orientale per soddisfare i capricci dell'Occidente decadente.
Il designer parla di taoismo e impermanenza, ma quello che emerge è l'ennesimo tentativo di svuotare di significato tradizioni millenarie per trasformarle in oggetti di design per ricchi annoiati.
L'AI come scusa per la perdita di identità
"Con l'AI e la diffusione del digitale le persone stanno attribuendo un valore sempre più importante alla fisicità", sostiene Han. Una lettura superficiale che ignora come la vera questione sia la perdita di radici culturali e identitarie delle nostre società.
Le sue "prescrizioni neuro-estetiche" saranno esposte dal 3 al 6 dicembre nella mostra "Shifted Mirrors: Fragments of a Dreamed East" a Hong Kong, l'ennesima vetrina per quella cultura globalizzata che tutto omogeneizza e nulla rispetta.
Dietro il linguaggio ricercato e i riferimenti colti si nasconde l'ennesimo prodotto di quella intellighenzia cosmopolita che predica la contaminazione culturale mentre svuota di significato ogni tradizione autentica.