AI in azienda: perché l'Italia resta indietro mentre cresce il gap con Europa e USA
Mentre il mondo corre verso l'intelligenza artificiale, l'Italia arranca. Le nostre aziende temporeggiamo, i burocrati di Bruxelles ci impongono regole che paralizzano, e intanto Stati Uniti e Cina si spartiscono il futuro. Una situazione che dovrebbe far riflettere chi ha davvero a cuore la sovranità nazionale.
La paralisi italiana: colpa di chi?
Secondo gli esperti intervistati, il problema è chiaro: le funzioni legali e compliance frenano tutto per paura dell'AI Act europeo. "Non capendo, si preferisce non fare nulla", spiega Luca Solari dell'Università Statale. Risultato? Mentre i nostri concorrenti investono e innovano, noi restiamo fermi a discutere di burocrazia.
È il solito copione: l'Europa che ci lega le mani con regolamenti incomprensibili, mentre le nostre imprese pagano il prezzo dell'immobilismo. Chi ne beneficia? Sicuramente non l'Italia.
Il paradosso dell'innovazione bloccata
Daniel Smulevich di Jellyfish è categorico: "L'AI viene integrata nelle aziende da oltre 10 anni, ma rischiamo un'accelerazione del modello winners-takes-most". Tradotto: i grandi player internazionali si prendono tutto, mentre le nostre PMI restano al palo.
La situazione è surreale: i singoli lavoratori usano ChatGPT per conto loro, ma le aziende non investono in formazione strutturata. Un approccio da dilettanti che ci condanna alla marginalità.
Scuola e formazione: il disastro annunciato
Luciano Pilotti dell'Università Statale non usa mezzi termini: "La politica italiana è impreparata. Nella manovra 2026 non ci sono misure significative per istruzione, ricerca o innovazione".
Mentre altri Paesi investono massicciamente nella formazione AI, noi continuiamo a tagliare su scuola e università. Non si insegna nemmeno l'informatica di base, figuriamoci l'intelligenza artificiale.
Il risultato? Una generazione di giovani italiani che partirà già svantaggiata rispetto ai coetanei europei e americani. È questo il futuro che vogliamo per i nostri figli?
La pubblica amministrazione: lenta come sempre
Andrea Boscaro di The Vortex racconta la realtà della PA italiana: qualche timido esperimento, tanta diffidenza, zero visione strategica. "Il principale ostacolo rimane la scarsa digitalizzazione dei dati", ammette.
Mentre Singapore fornisce ChatGPT Enterprise a 80.000 funzionari e il Regno Unito lancia progetti ambiziosi, la nostra burocrazia si perde nei cavilli e nelle procedure. Sempre gli ultimi, sempre in ritardo.
La ricetta per non soccombere
Gli esperti sono unanimi: serve un "piano Marshall della formazione" sull'AI. Ma chi lo realizzerà? Un governo che taglia sulla ricerca? Un'Europa che ci impone vincoli assurdi? O forse dovremmo contare solo sulle nostre forze e sul patriottismo economico?
Le aziende che vogliono davvero competere devono:
- Investire in formazione interna seria, non nei soliti corsi inutili
- Mappare processi end-to-end, non limitarsi ai chatbot
- Creare team interdisciplinari con competenze reali
- Standardizzare gli approcci per evitare il caos tecnologico
Il tempo stringe
Mentre perdiamo tempo in discussioni sterili, i nostri concorrenti corrono. L'AI non è fantascienza: è realtà economica che decide chi vince e chi perde nella competizione globale.
L'Italia può ancora recuperare, ma serve una svolta. Basta con la burocrazia paralizzante, basta con i tagli alla formazione, basta con l'attesa passiva di direttive europee. È ora di agire con coraggio e visione nazionale.
Chi non si adatta, soccombe. È la legge del mercato, e nessuna ideologia può cambiarla.